Il treno da Tucson, o: del potere delle aspettative

Ho accennato altrove di quanto mi abbia stupito (in positivo) Western Stars, "in tutte e tre le sue incarnazioni", e a distanza di quattro anni e mezzo lo posso confermare: è un disco che "mi si è attaccato al cuore e alla mente e non sembra avere intenzione di staccarsi presto".
Questo pomeriggio, mentre tornavo a casa dal lavoro, l'ho riascoltato per intero per la prima volta da qualche mese, sicuramente per la prima volta dal 6 marzo di quest'anno*: ho ritrovato la bellezza che mi aveva conquistato all'uscita del disco, ma oggi è un'altra la cosa che mi ha colpito, e c'entra solo tangenzialmente con la musica. 

Tucson Train è uno dei singoli tratti dal disco, e anche se è una gran canzone, non è una delle mie preferite**, a ulteriore dimostrazione del livello altissimo di Western Stars. Qui trovate il video ufficiale, e qui una parte*** della versione dal vivo tratta dal film che ha accompagnato l'uscita del disco. Ascoltatela, una o entrambe le versioni, così possiamo fare una piccola prova. Vi lascio qualche minuto.

[...]

Fatto? Perfetto.

Fino alla pubblicazione di questo video di Francesco Costa**** ho pensato, o meglio, ho dato per scontato, che Tucson si pronunciasse, appunto, TuCson. E ho SEMPRE sentito Springsteen pronunciare così il nome della città in Tucson Train. Più o meno a 18 minuti e 40 secondi di quel video, ho scoperto di essermi sempre sbagliato, e che si dice Tuson (in IPA /ˈtuːsɒn/).
Ecco: oggi, come scrivevo, ho ascoltato per la prima volta la canzone dopo avere imparato la pronuncia corretta, e mi sono reso conto che, ovviamente, anche Springsteen dice
/ˈtuːsɒn/. Mi era già capitata una cosa simile in un altro ambito, e ne avevo scritto nell'edit finale di questo post. A costo di essere banale, devo ripetermi: la mente è una cosa curiosa.

Edit del 4/6/2024
Mi è rimasta nella tastiera la "piccola prova" a cui accennavo sopra, anche se credo che abbiate capito che cosa intendevo: se, come me, dicevate TuCson, dopo aver imparato che invece si dice
Tuson, cambia anche per voi il modo in cui Springsteen pronuncia Tucson Train?
(Tra parentesi, sono abbastanza certo che la fonte della mia errata C sia l'intro di Statale 17 dal meraviglioso Album Concerto di Francesco Guccini & I Nomadi: "...e facemmo tutta una tirata da Omaha a TuCson".)

* Continuando a leggere capirete come posso essere così preciso
** Le migliori, secondo me, sono Western Stars, Drive Fast (The Stuntman), Hello Sunshine e Moonlight Motel
*** Si trova molto facilmente su YouTube anche il video completo, ma non è sul canale ufficiale di Springsteen, quindi preferisco non mettere il link
**** Il 6 marzo, appunto

MILLE! (Ingegner Cane intensifies)

Non mi pare di averne già scritto qui sul blog, ma all'inizio del nuovo millennio (ossia il primo gennaio del duemila, non accetto obiezioni su questo), ho iniziato a tenere traccia di tutte le mie letture. Meglio, quasi tutte: nel mio elenco non c'è quello che ho letto per dovere (testi universitari, aggiornamento professionale, preparazione per concorsi), e, soprattutto, non ci sono i fumetti, che invece, almeno in alcuni casi, ho tracciato su Goodreads.

È uno dei pochissimi propositi dell'anno nuovo che sono riuscito a rispettare: la traccia continua ininterrotta da più di ventiquattro anni, prima come foglio Excel e ora, arricchita di dettagli ed elaborazioni, online su Gùgol Fogli, e oggi raggiunge il millesimo libro iniziato. Dal seicentesimo in poi ho cercato di celebrare ogni cifra tonda con un titolo particolarmente significativo, il che, di frequente, ha voluto dire una rilettura. E quindi The Lord of the Rings (700° libro, nel 2016), The Hitchhiker's Guide to the Galaxy (900°, 2021) e ora Se questo è un uomo*. Non entro ora nel dettaglio di quanto questo libro abbia significato, e significhi, per me: lo farò dopo la fine di questa (ri)lettura, la prima dal 2001, e la prima in assoluto in ebook. Per ora voglio solo (auto)celebrare questo traguardo, e alzare un virtuale tumbler di Negroni per brindare: here's to another thousand!

* Fino all'ultimo è stato in ballottaggio con Thinking, Fast and Slow di Daniel Kahneman, che comunque leggerò presto.

Di tatuaggi, cattivo giornalismo e affidabilità delle fonti

Ieri ha aperto al MUDEC la mostra Tatuaggio, Storie dal Mediterraneo. Oggi stavo ascoltando distrattamente il TG regionale che ne parlava, e nel servizio il giornalista ha citato una statistica secondo cui l'Italia sarebbe il paese più tatuato del mondo, con il 48%* della popolazione adulta che ha almeno un tatuaggio. Il numero mi è sembrato assurdamente alto, anche considerando l'innegabile aumento della diffusione dei tatuaggi negli ultimi anni, quindi mi sono messo a cercare qualche fonte a conferma.

Come mi aspettavo, il dato del 48% si trova nella cartella stampa della mostra, che il TG ha evidentemente citato nonostante non ci sia alcuna fonte per la cifra. A questo punto, la mia curiosità, invece di essere soddisfatta, è stata ulteriormente stimolata**, e ho iniziato a fare qualche ricerca più mirata su Gùgol. Innanzitutto ho scoperto che l'ultimo dato affidabile sulla percentuale di persone tatuate in Italia è del 12,8%, e viene da una ricerca dell'ISS conclusa nel 2015 e pubblicata nel 2018; è sicuramente possibile che dopo nove anni il valore sia più alto, ma mi riesce difficile pensare che sia aumentato di più di trentacinque punti percentuali. Però è anche vero che l'ormai famoso 48% si trova citato in numerosi articoli, quasi sempre senza fonti e su testate non sempre affidabilissime (Italia Oggi, Dagospia, ma anche Sky TG24). Un articolo di Vanity Fair del 2019 riporta gli stessi dati, ma fornisce anche un accenno di fonte: la ricerca di un "istituto tedesco" chiamato Dalia.

Con questa informazione e cercando in inglese, si arriva, passando da siti svedesi, e scoprendo che nel frattempo Dalia ha cambiato nome (l'indirizzo daliaresearch.com ora porta al sito di una società di ricerche di mercato che si chiama PureSpectrum), a una tabella che mostra i risultati della ricerca originale, condotta nell'aprile 2018. La tabella mostra che la ricerca si è svolta per telefono, su "9054 Internet users in 18 countries***", e non fa cenno a margini d'errore o metodologie di indagine.

Quindi? Quindi direi che si possono tranquillamente considerare i risultati di Dalia, come minimo, meno affidabili di quelli dell'ISS, specialmente tenendo conto tra le due ricerche sono passati solo tre anni: e se un aumento di trentacinque punti percentuali è improbabile in nove anni, è assolutamente impossibile in tre. Non ho idea di quale sia attualmente il numero di persone tatuate in Italia, ma sono pronto a scommettere che è decisamente più vicino al 13% della popolazione adulta che al 48%. Ma vuoi mettere quanto fa più notizia dire che QUASI METÀ DEGLI ITALIANI HA UN TATUAGGIO?

E sì, ho decisamente troppo tempo libero.

* Al secondo posto ci sarebbe la Svezia con il 47%, al terzo gli USA con il 46%
** Non a caso, uno dei miei tatuaggi (giusto per restare in tema) è una calligrafia shodō della parola
好奇心
*** Ossia una media di 503 persone per nazione

GoodreadsRece: Joël Dicker - La verità sul caso Harry Quebert

Ovviamente, come tutti, avevo già sentito parlare di questo libro, quando era uscito ed era diventato il caso letterario du jour, ma all'epoca, un po' per la mia bastiancontraritudine (bastiancontrarietà?), un po' perché ero nel pieno della mia esplorazione di Discworld*, non l'avevo letto. Fast forward agli ultimi giorni del 2023 e alla mia consueta richiesta social di consigli sul primo libro da leggere nell'anno nuovo, a cui addirittura tre miei amici hanno risposto con questo titolo. Con un simile consenso, non potevo esimermi, e quindi, finalmente, ho letto La verità sul caso Harry Quebert.

Raramente mi è capitato di essere così incapace di decidere se un romanzo mi è piaciuto o no. O meglio: è uno dei libri più coinvolgenti e incalzanti, (gli anglofoni direbbero unputdownable) che abbia mai letto, quindi, al livello più elementare e più importante, mi è piaciuto, e pure molto. In più è anche un romanzo sfacciatamente metatestuale, aspetto che trovo sempre molto stimolante, e ancora adesso ho il dubbio che sia quello, più ancora della storia, il vero nocciolo dell'opera. Però ci sono anche personaggi stereotipati (la protagonista, in particolare, è terribile), dialoghi che riescono ad essere allo stesso tempo retorici e semplicistici (anche in questo caso, la protagonista è la peggiore), e una trama che parte lentamente e si sviluppa in una frenesia di colpi di scena e rivelazioni improbabili, risultando sì unputdownable, ma anche eccessiva, ai limiti dell'autoparodia**.

E quindi? E quindi, appunto, ancora non ho capito se La verità sul caso Harry Quebert mi è piaciuto o no. Leggetelo, nonostante la mole scorre a meraviglia, e decidete voi.

Voto: 3 su 5
La verità sul caso Harry Quebert su Goodreads

* Tra il 2012 e il 2013 ho letto diciassette libri di GNU Terry Pratchett.
** E anche qui, c'è il dubbio che sia tutto un gioco metatestuale, compresa la ricerca ossessiva del colpo di scena.

Nuovo (vecchio) layout

Ebbene sì, dopo otto anni ho cambiato di nuovo il layout grafico del blog, tornando, se non ricordo male, a quello che usavo prima del 2016, anche se con qualche modifica. Non sono ancora sicuro di mantenere questo, e comunque farò quasi sicuramente qualche piccolo aggiustamento. Stay tuned.

Netflix(non esattamente)Rece: For All Mankind

(Non esattamente perché, come si vede dalla locandina qui di fianco, For All Mankind è una serie di Apple TV+, però ormai ho già usato questa etichetta per altre serie viste sui vari servizi di streaming, quindi va bene così.)

Comunque: ho finito giusto qualche giorno fa, con un mesetto di ritardo sull'uscita, di vedere la quarta* stagione di questa serie ucronica che parte dalla premessa che i sovietici, e non gli americani, abbiano vinto la corsa alla Luna nel 1969. Questo, nel mondo della serie, comporta che la competizione nello spazio non si fermi, come (purtroppo) è successo nella realtà, ma che continui, portando, decennio dopo decennio**, a enormi innovazioni tecnologiche e cambiamenti socio-politici. E lo ammetto: nonostante le vicende dei protagonisti che trainano la narrazione, siano (quasi sempre) appassionanti e ben raccontate, il fascino principale della serie, per me, è proprio lo sfondo: questo mondo alternativo che avrebbe potuto essere il nostro se solo la politica dell'epoca fosse stata più lungimirante

Il pubblico d'elezione della serie è, ovviamente, quello degli appassionati di astronautica, ma nonostante l'esplorazione spaziale, e le sue ricadute sulla società, siano il motore della narrazione, le storie raccontate sono universali, a tratti shakespeariane: ci sono trionfi, cadute e resurrezioni; scelte impossibili tra il proprio dovere e i propri affetti; persone che scoprono i propri limiti e riescono (o no) a superarli; avidità, tradimenti e alleanze inaspettate. Insomma, come è giusto in una storia che copre decenni, l'intera gamma dell'esperienza umana, però con le astronavi, che non guasta mai.

Un'ottima serie, come ormai da tradizione Apple TV+, che riesce a bilanciare in maniera quasi sempre perfetta l'anima nerd e quella soap, scientificamente accurata ma senza troppi tecnicismi inutili, appassionante ma senza cadere nel melodrammatico.

* E per ora ultima, ma speriamo che la conferma per la quinta stagione arrivi presto.
** Ogni stagione comincia più o meno dieci anni dopo la fine della precedente.

Riassunto 2023

Un'altra tradizione che comincia? Può essere. Intanto, terzo post con le mie mini-recensioni di fine anno per qualche libro che ho letto in questo 2023 in esaurimento, e per cui non ho trovato l'occasione, la voglia o l'ispirazione per scrivere qualcosa a suo tempo. Qui, nella pagina di riassunto di Goodreads trovate tutti i dati: in breve, quest'anno ho letto 43 libri (sui 42 che avevo previsto per la challenge) per un totale di 13.087 pagine.

Ho letto, o meglio, ho finito, visto che l'avevo iniziato nel 2022, Hidden Pictures. Consigliato in un tweet da Stephen King, l'ho trovato un thriller con qualche sfumatura horror ben scritto e meglio strutturato, con un colpo di scena risolutivo, per una volta, davvero imprevisto.

Ho letto, primo libro iniziato nel 2023, Ninfee nere, su consiglio di uno dei miei migliori amici e del mio figlioccio (non potevo esimermi, con due siffatte raccomandazioni): un giallo sui generis ambientato nella Giverny di Monet, di cui ho intuito la notevole soluzione più o meno a due terzi del libro. Mi è piaciuto moltissimo, per l'atmosfera insolita, per gli agganci con la storia dell'arte e per i personaggi, molto ben tratteggiati.

Ho letto Breathless, che racconta la reazione della comunità medico-scientifica alla comparsa sulla faccia della Terra di SARS-CoV 2, i suoi dubbi, le sue ipotesi, e l'incredibile convergenza di talenti, ricerche precedenti e intuizioni che hanno portato alla creazione rapidissima di un vaccino. Come già con il suo precedente Spillover, Quammen è riuscito a scrivere un saggio scientifico appassionante come un thriller.

Ho letto Cromorama, bellissimo saggio che parla (d'oh) di colori da diversi punti di vista: storico, scientifico, percettivo, artistico, commerciale. Ci sono pochi libri di cui posso dire che hanno completamente rivoluzionato la mia comprensione di un argomento: questo è uno di quei pochi. Da leggere rigorosamente su carta, perché oltre a essere un libro interessantissimo, è anche un oggetto libro stupendo.

Ho letto La matematica è politica e La tecnologia è religione, e anche se ovviamente l'autrice è estremamente preparata, ed entrambi sono scritti in una prosa nitida e precisa, perfetta per l'argomento, li ho trovati pretenziosi e confusi, e, in ultima analisi, non ne ho capito il punto. Peccato, perché le premesse, specialmente per il primo, mi sembravano ottime. 

Ho letto tanto, ma veramente tanto Stephen King, mettendomi, per la prima volta, in pari con la sua produzione (facendo riferimento a questo link ho letto tutti i romanzi, tutte le raccolte di racconti, tutta la saggistica a parte Secret Windows, e parecchie cose anche nelle categorie Screenplays e Others). Per esempio ho ri-letto The Talisman (ultima lettura nel 2007: non ricordavo nulla), e ho letto per la prima volta il suo sequel Black House: diversissimi, ma entrambi ottimi libri, nonostante il secondo sia veramente lento per le prime ottanta-cento pagine. Ho letto Holly, fresco di stampa, e l'ho trovato uno dei libri più spaventosi scritti da King negli ultimi anni, nonostante non ci sia traccia di sovrannaturale, o forse proprio per questo motivo. (Aperta parentesi: mi sono divertito tantissimo a leggere le critiche dei novax e dei MAGA che si sono sentiti traditi o variamente offesi dal fatto che, in un libro ambientato nel 2021 si parli di Covid o di Trump. E poi danno agli altri degli snowflakes. Chiusa parentesi.)

Ho letto The Ancient Hours: un gioiellino, di un autore che non avevo mai nemmeno sentito nominare, e che ho trovato - tra l'altro - una riflessione potentissima sul rapporto di amore-odio che lega le persone al paese in cui diventano adulte, specialmente se si tratta, come per me, di un piccolo paese in cui tutti si conoscono, e in cui tutti, più o meno, sanno tutto di tutti.

Ho letto, infine, Van Gogh: The Life, monumentale biografia di un pittore che tutti pensano di conoscere, ma che, credo, pochi conoscono davvero. Ci ho messo quasi un anno e mezzo per finirlo, ma non perché sia un libro noioso o poco interessante: è semplicemente tanto, a volte troppo. La vita di Vincent, vista attraverso il prisma della sua relazione con il fratello Theo (senza alcun dubbio la più importante e la più conflittuale), è complessa, spesso triste, quasi sempre solitaria; e la sua opera, forse più che per qualunque altro artista, ne è uno specchio, forse distorto, ma sempre fedele. Un libro stupendo.

Direi che basta così. Ai miei dodici lettori auguro un 2024 pieno di ottimi libri, ottimi incontri, ottimo cibo. Decidete voi l'ordine di priorità.