Come faccio sempre quando inizio un libro, l'ho segnalato su Feisbù.
Normalmente sono post che passano abbastanza inosservati: quando va bene
raccolgo un paio di 👍 e uno o due commenti; stavolta una decina dei
miei amici (che sui poco più di cento che ho sono una percentuale
tutt'altro che trascurabile) si sono fatti vivi per dirmi quanto gli è
piaciuto
Le otto montagne
(con una parziale ma significativa eccezione, ci torno).
Avevano ragione. Erano diversi anni che un romanzo italiano non mi colpiva così tanto, e la cosa è ancora più notevole perché avevo una blanda, incomprensibile e ingiustificata antipatia preventiva per l'autore.
Nonostante il titolo, il libro parla di montagna quanto, si parva licet, I promessi sposi parla di matrimonio: la montagna c'è, presenza concretissima, sfondo e motore di tutto ciò che accade al protagonista/narratore Pietro e a chi gli sta attorno (nonché, almeno per me, da sempre muntagnatt nell’animo anche se abito in pianura che più pianura non si può, motivo principale che mi ha fatto decidere di iniziare la lettura), ma Le otto montagne parla di tutt’altro. Parla di relazioni che ci accompagnano per tutta una vita, del cammino difficile che (a volte) ci porta a trovare il nostro posto nel mondo, di quanto sia possibile, e se sia opportuno, lasciarsi davvero alle spalle le nostre origini.
Avevano ragione. Erano diversi anni che un romanzo italiano non mi colpiva così tanto, e la cosa è ancora più notevole perché avevo una blanda, incomprensibile e ingiustificata antipatia preventiva per l'autore.
Nonostante il titolo, il libro parla di montagna quanto, si parva licet, I promessi sposi parla di matrimonio: la montagna c'è, presenza concretissima, sfondo e motore di tutto ciò che accade al protagonista/narratore Pietro e a chi gli sta attorno (nonché, almeno per me, da sempre muntagnatt nell’animo anche se abito in pianura che più pianura non si può, motivo principale che mi ha fatto decidere di iniziare la lettura), ma Le otto montagne parla di tutt’altro. Parla di relazioni che ci accompagnano per tutta una vita, del cammino difficile che (a volte) ci porta a trovare il nostro posto nel mondo, di quanto sia possibile, e se sia opportuno, lasciarsi davvero alle spalle le nostre origini.
Parla, insomma, di come si diventa uomini (letteralmente, è una storia molto maschile, anche se diverse figure fondamentali nel racconto sono donne); questione universale se ne esiste una, e proprio per questo non è così importante quale
sia la montagna di cui Cognetti racconta: non è quella dove ho passato
le mie prime quattordici estati, ma i sentieri che Pietro percorre con
suo padre, non sono così diversi da quelli che io ho percorso con il mio.
In più, e non guasta, Le otto montagne è estremamente ben scritto, in un italiano essenziale e nitido che a volte mi ha ricordato quello inarrivabile di Primo Levi: forse non è un caso che il padre di Pietro, sia, come Levi, un chimico appassionato di montagna.
L’eccezione di cui parlavo all’inizio: l’unico amico che su Feisbù ha dato un giudizio (parzialmente) negativo sul libro è anche l’unico che in montagna ci vive, da sempre, invece di andarci in vacanza, che sia per un fine settimana o per due mesi all’anno. Probabilmente è solo una coincidenza, ma lo trovo interessante.
Voto: 4,5 su 5
In più, e non guasta, Le otto montagne è estremamente ben scritto, in un italiano essenziale e nitido che a volte mi ha ricordato quello inarrivabile di Primo Levi: forse non è un caso che il padre di Pietro, sia, come Levi, un chimico appassionato di montagna.
L’eccezione di cui parlavo all’inizio: l’unico amico che su Feisbù ha dato un giudizio (parzialmente) negativo sul libro è anche l’unico che in montagna ci vive, da sempre, invece di andarci in vacanza, che sia per un fine settimana o per due mesi all’anno. Probabilmente è solo una coincidenza, ma lo trovo interessante.
Voto: 4,5 su 5
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