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Vermeer a Bologna, ovvero: La ragazza col tortellino di perla

Ieri io e la mia metà siamo andati a Bologna per la mostra "La ragazza con l'orecchino di perla". Gli orari dei treni ci hanno concesso ampi spazi di manovra: prima di partire ne abbiamo approfittato per una capatina nella nuova piazza Gae Aulenti, che io non avevo ancora visto, e che mi è molto piaciuta, mentre dopo la mostra ci siamo concessi una (breve, parziale, da ripetere) visita alla "vecchia signora coi fianchi un po' molli".
La mostra. È necessaria una premessa: Vermeer è uno dei miei pittori preferiti e La ragazza con l'orecchino di perla è in assoluto uno dei quadri che più mi piacciono; per quanto mi riguarda la cosiddetta "Monna Lisa del Nord" era la mostra, e tutte le altre opere esposte erano, al più, un piacevole aperitivo, gradevoli ma totalmente superflue.
Detto questo: mostra molto ben pubblicizzata (forse fin troppo), con il volto dell'anonima modella un po' ovunque, in originale, in cioccolato, con gli occhiali per promuovere un ottico o con l'orecchino sostituito da un molto bolognese Turtlèn. 
Mostra molto ben illuminata*, con le sale in gradevole penombra, i colori dei quadri che spiccavano con una vivacità quasi tridimensionale e pressochè nessun riflesso.
Mostra molto affollata, anche se per fortuna avevamo il biglietto prenotato e non abbiamo fatto coda per entrare, e siamo arrivati abbastanza presto da evitare il grosso della folla (anche se il nostro proverbiale tempismo ha fatto sì che un grupppo con guida ci tallonasse pressochè per tutta la nostra visita). Come per tutti gli eventi più pop che ho visitato negli ultimi anni ho avuto la netta impressione che una buona metà dei presenti non distinguesse un Vermeer da una lavatrice.
Che dire dei quadri esposti? Premesso che non ho le competenze per un'analisi critica con un minimo di credibilità, e che come dicevo prima per me il 99% dell'attrattiva era costituito dal capolavoro di Vermeer, tutto sommato anche le (poche) altre opere erano interessanti, con diversi pezzi notevoli: da un autoritratto giovanile di Rembrandt che ho scoperto non essere più attribuito al maestro ma al suo atelier, al Cardellino di Carel Fabritius; dall'altro Vermeer in mostra, Diana e le sue ninfe** alla Suonatrice di violino di Gerrit Van Honthorst.

Il resto della giornata a Bologna: abbiamo scoperto che esistono ancora delle cabine telefoniche, abbiamo visto la leggendaria Lamborghini Gallardo della Polizia stradale e abbiamo mangiato degli eccellenti tortellini al ragù in un ristorante-pizzeria bolognese/napoletano (e se non sanno fare il ragù loro...) che a fine pranzo ci ha offerto un ottimo liquore al pistacchio in stile limoncello (pistacchiello?).

Infine che dire di lei, la sconosciuta Meisje met de parel? Rinnovo la mia dichiarazione di incompetenza nel valutarla dal punto di vista storico-artistico; dico solo che nonostante la folla (ma la sala in cui era esposta era abbastanza spaziosa da permettere di ammirarla in maniera adeguata), nonostante la sovraesposizione mediatica, nonostante esistano riproduzioni digitali che permettono di esplorare ogni dettaglio del quadro meglio di quanto si potrebbe mai fare dal vivo, trovarsela davanti è stata un'emozione vera, insostituibile, che mi ha ampiamente ripagato della levataccia, dei soldi spesi per il treno e del biglietto d'ingresso.

E non è così scontato, anche per eventi blasonati: la mostra di Caravaggio alle Scuderie del Quirinale nel 2010, ad esempio, per quanto favolosa per la qualità delle opere esposte, era illuminata in maniera pessima.
** Un'opera minore, se può esistere  qualcosa come un Vermeer minore.

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